In un contesto organizzativo sempre più tecnologico e frenetico, aumenta la frequenza con cui i candidati esprimono l’esigenza di avere flessibilità nell’organizzazione della propria giornata lavorativa. Ad oggi molte aziende si stanno evolvendo in tale direzione e, allo stesso tempo, per altre è ancora un traguardo lontano e difficile da concepire e introdurre.

In Italia in particolare lo smart working è ancora considerato, più che una modalità flessibile di lavoro, come un benefit concesso. È in effetti difficile pensare di scindere la sede di lavoro dallo svolgimento delle attività lavorative e allo stesso tempo, per il datore di lavoro, il venir meno della possibilità di “sorvegliare” il dipendente.

Eppure le statistiche rivelano che la flessibilità è considerata, in particolare dalla Generazione Y e Z, una priorità maggiore rispetto alla retribuzione e benefits economici. Volendo o no, infatti il lavoro occupa gran parte della giornata di una persona media, incidendo spesso negativamente sul work-life balance del dipendente quanto sulla performance dello stesso in azienda. Persone infelici diventano persone insoddisfatte e demotivate e, a loro volta, insoddisfazione e demotivazione causano scarsa produttività e maggiori costi.

Ma cosa comporta la maggiore flessibilità?

La mancanza di sede e orario di lavoro, bisogna innanzitutto sottolineare, che non si traduce in una perdita in qualità del lavoro. Al contrario la maggiore possibilità del dipendente nella gestione del proprio tempo, che consente di incastrare e combaciare impegni lavorativi e privati, riduce condizioni di stress e scarso benessere psico-fisico. A questo scopo, non bisogna dare per scontata l’importanza della tecnologia, che sempre più facilmente permette di portare con sé e svolgere le attività senza vincoli spaziali e temporali.  Il lavoro da remoto inoltre presuppone l’esistenza di una relazione di fiducia tra azienda e dipendenti, così come tra colleghi stessi, che incrementa motivazione, coinvolgimento, capacità collaborativa e cooperativa nel raggiungimento degli obiettivi dati. A sua volta la fiducia incide sul clima aziendale e sulla fidelizzazione del dipendente e, secondo un effetto a catena, dipendenti fidelizzati e felici migliorano la capacità attrattiva dell’azienda e la sua reputazione.

Chiaramente guadagnare fiducia è un impegno che spaventa e che ci pone nella condizione di chiederci se siamo all’altezza delle aspettative, ma in ogni caso è necessario che gli stessi dipendenti si mostrino aperti ad abbracciare tale nuova modalità di lavoro e che, quindi, non siano spaventati nel chiedere al proprio superiore di poter gestire diversamente il proprio tempo.

Esiste però anche l’altro lato della medaglia, in cui la possibilità di far combaciare sfera privata e lavorativa rischia di sfumarne e farne perdere i confini. Lavorare da remoto, almeno in una fase iniziale di introduzione dello smart working, significa dover garantire una costante reperibilità, generando non poche difficoltà a livello famigliare e lavorativo (basti pensare alla necessità di riorganizzare la vita quotidiana di una famiglia, o ancora ad un gruppo di lavoro in cui persone lavorano in diversi orari). Strettamente correlato troviamo il problema che deriva dall’isolamento, a livello fisico, tra colleghi e di quanto e come può influenzare l’efficacia della comunicazione e l’efficienza del lavoro svolto. Inoltre la mancanza di un orario da rispettare e l’incastro di impegni privati e lavorativi, tende ad allungare i tempi necessari per lo svolgimento di attività lavorative, le quali, si trovano ad essere frantumate in mini obiettivi, rischiando di perdere il senso generale e la produttività dello stesso.

Non c’è dubbio quindi che la flessibilità, con pro e contro, entrerà man mano a far parte della normale modalità di concepire e strutturare il lavoro del dipendente, fino a, magari in un futuro lontano, portare alla totale eliminazione della sedia e scrivania a cui siamo abituati. Senza andar lontano è però importante che già oggi ci si inserisca nell’ottica di lasciare maggiore spazio ai dipendenti, che non significa necessariamente permettere loro di lavorare tra le proprie mura di casa, ma piuttosto di facilitare una modalità di lavoro smart. Significa semplicemente garantire una maggiore flessibilità negli orari di entrata e uscita, creare spazi nella sede di lavoro dedicati alla collaborazione o la possibilità di modificare il layout dell’ufficio, per esempio.

Chissà se presto sarà normalità portare il nostro amico a quattro zampe in ufficio o, ancora più interessante, imbragarci per un’arrampicata come nell’HQ di Google? 🙂

 

Arianna Baroni
Human Value